Amministratore di sostegno: equo compenso deve essere fatturato?

compenso indennità amministratore di sostegno a.d.s. avv. Giovanni Longo Pisa

compenso indennità amministratore di sostegno a.d.s. avv. Giovanni Longo Pisa

Amministratore di sostegno: l’equo compenso deve essere fatturato e quindi l’indennità deve essere tassata?

 

La questione circa la natura dell’indennità liquidata dal Giudice Tutelare a favore di un amministratore di sostegno, che è anche un avvocato, è sempre stata controversa e dalla non facile soluzione.

Agenzia delle Entrate e Giurisprudenza si sono sempre contrapposte, non permettendo uniformità di soluzione.

In particolare, mentre la prima si è schierata a favore dell’interpretazione in base alla quale la somma ricevuta a titolo di equa indennità costituirebbe compenso per mansioni proprie di un professionista e, come tale, soggetta alla relativa tassazione (IRPEF; IVA; C.P.A); la seconda ha espressamente escluso la doverosità di tale adempimento fiscale.

Dal punto di vista normativo, l’articolo da prendere in considerazione ed oggetto di interpretazioni discordanti, è il 379 c.c. relativo alla gratuità dell’ufficio del tutore, in quanto richiamato espressamente dall’art. 411 del codice civile.

Esso sancisce che: “L’ufficio tutelare è gratuito. Il giudice tutelare tuttavia, considerando l’entità del patrimonio e le difficoltà dell’amministrazione, può assegnare al tutore un’equa indennità. Può altresì, se particolari circostanze lo richiedono, sentito il protutore, autorizzare il tutore a farsi coadiuvare nell’amministrazione, sotto la sua personale responsabilità, da una o più persone stipendiate”.

Già la Corte Costituzione, con l’ordinanza n. 1073/1988, ha infatti chiarito che “l’equa indennità non ha natura retributiva, ma serve a compensare gli oneri e le spese non facilmente documentabili da cui è gravato il tutore a cagione dell’attività di amministrazione del patrimonio”.

Non solo, va rilevato anche che, con la sentenza n.7355 del 1991, la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito che il concetto di indennità di cui all’art 379 non va confuso con quello di corrispettivo, ma può essere equiparato a quello di “ristoro” anche se esso dovrà certamente essere “apprezzabile e non meramente simbolico”.

Quanto, invece, alla posizione dell’Agenzia delle Entrate, deve essere richiamata la Risoluzione n. 2/E, datata 9 gennaio del 2012, emessa dalla Direzione Centrale normativa dell’Agenzia delle Entrate.

Interpellata in merito, quest’ultima, ha motivato il suo ragionamento richiamando, in correlazione con l’art. 379, l’art. 408 del codice civile.

Al primo comma esso sancisce che: “la scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. L’amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza, ovvero in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare può designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso. Nella scelta, il giudice tutelare preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata”, ed al quarto che: “Il giudice tutelare, quando ne ravvisa l’opportunità, e nel caso di designazione dell’interessato quando ricorrano gravi motivi, può chiamare all’incarico di amministratore di sostegno anche altra persona idonea, ovvero uno dei soggetti di cui al titolo II (persone giuridiche) al cui legale rappresentante ovvero alla persona che questi ha facoltà di delegare con atto depositato presso l’ufficio del giudice tutelare, competono tutti i doveri e tutte le facoltà previste nel presente capo”.

Sulla base del dettato normativo, il giudice tutelare ha un’ampia discrezionalità nella scelta dell’amministratore di sostegno più adatto alla cura e agli interessi del beneficiario e, pertanto, ha la facoltà di scegliere sia un familiare, che un convivente, che un conoscente, che infine un professionista.

Qualora dovesse risultare opportuna la nomina proprio di quest’ultima figura in relazione alle circostanze del caso concreto, la relativa attività non sarebbe inquadrabile nella disciplina dell’amministrazione di sostegno, ma esclusivamente in quella relativa alla regolamentazione della professione forense.

Nella Risoluzione si legge infatti che: “si ritiene che la relativa indennità, anche se determinata in via equitativa e su base forfetaria, rappresenti comunque, sotto il profilo dell’applicazione della normativa tributaria [..], un compenso per lo svolgimento di una attività professionale, inquadrabile quale reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53 del testo unico della imposte sui redditi e rilevante ai fini IVA ai sensi degli articoli 3 e 5 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633″.

Nonostante la posizione dell’Agenzia delle Entrate, l’impostazione della Giurisprudenza è rimasta conforme all’interpretazione (già illustrata) della Corte Costituzionale del 1988 (es. Trib. Di Varese- Dottor Buffone; Trib. Di Trieste- Dottor Picciotto).

Ne è vivo esempio la sentenza emanata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Trieste n. 283 del 2014.

Secondo la Ctr Lombardia 2388/3/2018 (presidente Rollero, relatore Chiametti) rientra nella sfera del reddito di lavoro autonomo – e, quindi, imponibile Irpef e Iva – l’indennità percepita quale amministratore di sostegno (ads) da un avvocato nominato dal tribunale. Non può essere disconosciuta una natura retributiva a tale indennità, anche se forfettaria e determinata in via equitativa, contrariamente a quanto affermato in primo grado (Ctp Milano 5046/43/2016).

Secondo la giurisprudenza si tratterebbe di un importo che compensa il professionista delle spese (non facilmente documentabili) che vengono sostenute, conseguentemente irrilevante tanto ai fini Irpef quanto ai fini Iva (Ctp Trieste 283/2014; Ctr Friuli-Venezia Giulia 218/03/2016). Di diverso avviso è la Direzione centrale normativa della stessa Agenzia, la quale ha sostenuto una intrinseca diversità dell’indennità agli amministratori rispetto a quello versate ai tutori (risoluzione 2/E/2012): l’importo, anche se determinato in via equitativa e forfettaria, rappresenta comunque – ove incassato da un professionista – un compenso per lo svolgimento dell’attività svolta, inquadrabile nell’ambito dell’articolo 53 del Tuir e degli articoli 3 e 5 del Dpr 633/72. In questo senso si è espressa la Ctr lombarda con la sentenza 2388/3/2018, secondo la quale non esiste una norma che stabilisce un’esenzione e le modalità in cui la somma viene determinata dal giudice fanno preferire la tesi dell’imponibilità. A fronte di questi due orientamenti giurisprudenziali vi sono giudici tutelari che pretendono l’assoggettamento Iva (Tribunale di Ancona, decreto 14 giugno 2005), altri che stabiliscono il contrario (Tribunale di Varese, decreto 20 marzo 2012) ed altri che liquidano due somme distinte, una soggetta ad imposta e l’altra no (Tribunale Trieste, decreto 26 gennaio 2012).

http://www.assostegno.it/lindennita-dellamministratore-sostegno-imponibile/

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