Ripetibilità assegno di mantenimento a figlio maggiorenne.
Con decreto il Tribunale di Pisa accoglieva il reclamo del padre volto ad ottenere la revoca del contributo al mantenimento del figlio con restituzione dei versamenti medio tempore effettuati dal mese di XXX (data a partire dalla quale il figlio maggiorenne aveva stabilito la propria residenza presso il padre) e la revoca del contributo dell’altro figlio, il quale continuava a coabitare con la madre, attesa la parità economica delle parti.
Reclamava il provvedimento il padre, domandando alla Corte d’Appello di
condannare la moglie a restituirgli la somma mensile versata dal mese
di XXX, o dal giorno del deposito del ricorso introduttivo.
Costituendosi, la moglie concludeva per il rigetto del reclamo e in via riconvenzionale,
in accoglimento del proprio reclamo incidentale, tenuto conto delle migliorate condizioni
economiche del padre, il rispetto a quelle determinate al momento della fissazione del
contributo di mantenimento, chiedeva che il contributo di mantenimento in favore del
figlio venisse corrisposto a mezzo di trattenuta in busta paga e rimessa diretta del datore di lavoro, in una misura maggiore di € 100,00.
La Corte d’Appello accoglieva parzialmente il reclamo proposto dal padre e,
per l’effetto, accertato il diritto di quest’ultimo alla ripetizione della metà del contributo
già fissato per il mantenimento dei figli, a far data dal mese di XXX, disponeva che la madre gli corrispondesse la somma di € XXX al mese a far data dal mese XXX fino al saldo.
Avverso il decreto della Corte la madre proponeva ricorso per cassazione per
i seguenti motivi: 1) nullità del decreto per violazione degli artt. 153, 739 e 741 cpc
La Corte di Cassazione, con ordinanza, accoglieva il primo motivo di ricorso con assorbimento dei restanti motivi. Rilevava che, non essendosi concretizzata la conoscenza legale dell’atto impugnato, non era iniziato a decorrere il termine breve di cui all’art. ex art. 739 c.p.c., tanto per cui il reclamo incidentale doveva ritenersi tempestivo.
I Giudici di legittimità hanno quindi cassato il provvedimento impugnato e rinviato alla Corte di Appello per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese di legittimità.
A seguito all’accoglimento del ricorso in Cassazione, la madre con atto di riassunzione ricorreva alla Corte di Appello di Firenze per chiedere la modifica del contributo di mantenimento in favore del figlio determinato dalla Corte d’appello di Firenze nella misura di € 100,00, a far data dalla domanda svolta in primo grado o dalla diversa data ritenuta di giustizia. Chiedeva altresì la condanna del padrei alla restituzione della somma di € XXX da questa versata al sig. padre in esecuzione del decreto di appello.
A fondamento di tali richieste, evidenziava che le condizioni economiche delle parti non
erano equiparabili in quanto, rispetto all’anno in cui era stato determinato per la prima volta il contributo per i figli a carico del padre nella misura pari a XXX.
euro, il reddito del padre era raddoppiato, avendo egli goduto di un’importante progressione di carriera e percepito ingenti somme a seguito dell’esito favorevole del
giudizio contro il suo datore di lavoro; ciò trovava conferma anche nell’acquisto, da parte del resistente, di due immobili senza ricorrere a prestiti.
Aggiungeva altresì che erano sopraggiunte ulteriori circostanze che avevano amplificato
il divario della capacità reddituale e patrimoniale delle parti:
– il figlio, all’epoca del ricorso era ancora studente e convivente con il padre a cui quest’ultimo provvedeva con mantenimento diretto, aveva ottenuto un lavoro all’estero, tant’è che, a partire da marzo 2022, si era trasferito a XXX e stava provvedendo in via del tutto autonoma ad ogni sua necessità;
– l’altro figlio era ancora studente universitario e viveva con la madre che vi provvedeva, fatta eccezione per i 100,00 euro, in via esclusiva;
In ragione di tali circostanze domandava un incremento dell’assegno di mantenimento in misura maggiore a € 100,00 a far data dalla domanda in primo grado; chiedeva la conseguente condanna del padrei al pagamento delle somme non versate quale differenza per il contributo al mantenimento; chiedeva, altresì, la condanna del padre alla restituzione in suo favore della somma di €. XXX, corrisposta in esecuzione dell’ordinanza emessa dalla Corte d’Appello.
Costituendosi in giudizio, il padre contestava che tra le parti vi fosse sperequazione economica. Rappresentava che, quale dipendente delle XXX, aveva uno stipendio fisso, pari ad € XXX circa, poco superiore a quello della madre che, come XXX, guadagnava €. XXX al mese.
Quanto ai figli, deduceva parte resistente che XXX non aveva acquisito una posizione lavorativa autonoma all’estero ma vi aveva solo trascorso alcuni periodi formativi; infatti,
il ragazzo risultava ancora iscritto all’Università con contratto di dottorato della durata dal XXX al XXX.
Alla luce di siffatte considerazioni, parte resistente si opponeva alla richiesta di incremento dell’assegno di mantenimento del figlio. Domandava altresì il rigetto della richiesta restitutoria promossa dalla madre non avendo gli importi riscossi assunto una concreta funzione alimentare in quanto la madre aveva beneficiato delle somme per un figlio che non conviveva più con lei e che veniva invece mantenuto dal padre.
Ritenuto in diritto.
Occorre preliminarmente i esaminare il merito del reclamo incidentale proposto dalla
madre nell’ambito del procedimento R.G. n. __, in quanto dichiarato tempestivo con l’ordinanza di rinvio n. __ della Corte di Cassazione.
Parte reclamante lamenta l’esigua quantificazione del contributo posto a carico del marito per il mantenimento del figlio, determinato nella misura di €. 100,00. La richiesta di incremento del contributo non può, tuttavia, essere accolta. Come correttamente osservato dalla Corte d’Appello, le entrate delle parti sono da considerarsi sostanzialmnete equivalenti, con una leggera sperequazione in favore del padre. Tale circostanza emerge dalla documentazione fiscale agli atti, dalla quale risulta che la madre, nel 2017, era titolare di redditi da lavoro dipendente pari a XXXeuro, mentre il padre, nella stessa annualità, percepiva redditi pari a XXX euro annui. Nè può ritenersi avvenuto un miglioramento della situazione economica del resistente, negli anni successivi, tale da giustificare la modifica dell’assegno: non risulta, infatti, provato alcun avanzamento di carriera incidente sullo stipendio del padre il cui importo, facendo un raffronto tra le buste paga del 2018 e quelle del 2023 in atti, è rimasto pressoché invariato. Dal marzo 2023, il padre risulta inoltre percepire, a titolo di pensione, la somma mensile di €. XXX, con un’evidente contrazione delle sue entrate.
Su tale situazione economica non pare incidere in modo significativo il suo patrimonio Immobiliare.
Quanto al figlio dai documenti in atti emerge che il ragazzo ha conseguito la laurea magistrale, e che, attualmente, svolge un dottorato, presso l’università, con contratto di dottorato della durata di XXX. La titolarità delle borsa di studio connessa al dottorato non appare sufficiente ad integrare il requisito dell’autosufficienza economica per il suo carattere temporaneo e per la sua funzione di contributo alle spese correlate all’attività di ricerca. Dunque, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui “[…] il conseguimento di una borsa di studio correlata ad un dottorato di ricerca, sia per la sua temporaneità, sia per la modestia dell’introito in rapporto alle incrementate, presumibili necessità, anche scientifiche, del beneficiario, non è in grado di integrare il requisito della indipendenza economica” (cfr. Cassazione civile sez. VI, 23/01/2020, n. 1448), Guido non può considerarsi economicamente autosufficiente.
In conclusione, considerando da una parte la riduzione delle entrate del padre conseguite al pensionamento e, dall’altra, la fruizione, da parte di XX, di una borsa di studio per il dottorato che, pur non rendendolo economicamente autosufficiente, riduce in parte il peso del suo mantenimento, la situazione del resistente è rimasta pressoché invariata.
Non risulta, dall’altra parte, l’allegato peggioramento della situazione economica della madre, rimasto privo di riscontro probatorio.
Non sussistono, di conseguenza, i presupposti per un incremento dell’assegno di mantenimento in favore di XXX, né per la sua revoca, come richiesto dal resistente.
Devono altresì ritenersi insussistenti i presupposti per l’accoglimento della domanda di restituzione di €. XXX avanzata dalla reclamante. Sul punto, è da condividere quanto affermato dalla Corte d’Appello che ha ritenuto l’inapplicabilità al caso di specie del principio della irripetibilità delle somme corrisposte a titolo di mantenimento.
L’allontanamento di XXX dall’abitazione materna ha, infatti, fatto venir meno il diritto della madre ad ottenere il contributo al mantenimento del figlio che ha così perso la sua natura alimentare, assumendo i connotati dell’ indebito oggettivo.
Deve quindi essere confermato i provvedimento impugnato e rigettate le domande di modifica avanzate dalla parti.
Avuto riguardo all’esito complessivo della lite sussistono i presupposti per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità e del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Firenze, decidendo nel procedimento istaurato da XXX
nei confronti di XXX,
– rigetta il ricorso e, per l’effetto, conferma integralmente il decreto
– compensa le spese di lite del giudizio di legittimità e del presente di giudizio.