Insidia o trabocchetto, nessuna responsabilità dell’ente gestore se la strada è dissestata.

insidia o trabocchettoInsidia o trabocchetto, nessuna responsabilità dell’ente gestore se la strada è dissestata.

Insidia o trabocchetto: l’attrice transita su di una strada dissestata – tanto che i pedoni procedono in fila indiana – e cade su un tombino sconnesso. La Corte di Cassazione con la sentenza che segue ha ritenuto che a carico della stessa grava un onere massimo di attenzione che sebbene non può spingersi, come dichiarato dalla Corte di Appello, fino al punto di pretendere dall’utente la scelta di transitare per un’altra strada – essendo evidentemente nel potere-dovere del Comune chiudere il passaggio ove il medesimo sia impraticabile – comporta l’onere della massima prudenza in quanto la situazione di pericolo è altamente prevedibile. Ed è proprio il concetto di prevedibilità che toglie forza ai motivi di ricorso; invero, ha continuato la Corte, in una strada dissestata è del tutto ragionevole l’esistenza di un tombino malfermo e mobile, sicchè la caduta in una situazione del genere può ricondursi anche alla esclusiva responsabilità del pedone, ovvero non si deve ritenere di necessità “cagionata dalla cosa in custodia”

La Corte di Cassazione con la sentenza del 20 gennaio 2014 è tornata ad esaminare l’annosa e sempre frequente vicenda di chi cade o inciampa su un marciapiede sconnesso, analizzando i rapporti tra l’art. 2051 e l’art. 2043 c.c.

Concetto cardine per analizzare compiutamente la questione è la prevedibilità o meno del pericolo.

La Suprema Corte ancora una volta conferma la propria posizione interpretativa affermando l’intrinseca diversità dell’azione di responsabilità da cosa in custodia, ex art. 2051 c.c., da quella fondata sul principio generale del neminem ledere ex art. 2043 c.c., rilevando che sul piano probatorio l’applicabilità di una o dell’altra norma richiede accertamenti diversi:

-nel caso di danno cagionato da cosa in custodia, sarà irrilevante un’indagine sul comportamento del custode, trattandosi di una responsabilità oggettiva prevista dalla legge per il fatto stesso della custodia, il cui fondamento è costituito dal rischio gravante sul custode, per i danni prodotti dalla cosa che non dipendono dal caso fortuito, con un evidente vantaggio processuale per il danneggiato, dato dall’inversione dell’onere della prova: il danneggiante sarà tenuto a provare il fortuito per esonerarsi dalla responsabilità;

-nel caso di responsabilità ex art. 2043 c.c., sarà necessario un accertamento sul comportamento omissivo – commissivo del responsabile, con l’attribuzione dell’onere della prova a carico del danneggiato, il quale dovrà attivarsi per dimostrare e provare  sia l’esistenza del dolo o della colpa a carico del danneggiante, sia il nesso causale con il danno.

Per quanto attiene al concetto di prevedibilità del danno, che assume un ruolo fondamentale in merito alla tematica del danno da cosiddetto trabocchetto, la Suprema Corte ribadisce, conformemente ad altre pronunce di legittimità, che il comportamento del danneggiato è in grado di interrompere il nesso eziologico esistente tra la causa del danno e il danno stesso.

Invero la graduazione della prevedibilità del danno consente di differenziare l’onere di attenzione del danneggiato, il cui comportamento colposo è in grado di atteggiarsi, a seconda dei suddetti parametri, quale concorso causale colposo o quale colpa esclusiva, giungendo ad escludere la responsabilità del custode.

La Suprema Corte rilevava che l’evidente dissesto della strada sulla quale transitava il pedone richiedeva in capo quest’ultimo un onere massimo di attenzione e di prudenza, dato dall’alta prevedibilità del pericolo stesso, che consentiva di ascrivere al danneggiato l’esclusiva responsabilità della caduta.

Cass. 999 2014

 

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